Le ceneri ai benestanti

L’urna cineraria è il contenitore che si utilizza per la conservazione delle ceneri sia umane che animali. La consuetudine di ridurre in cenere il corpo del defunto ha origini antichissime e primitive, già dai tempi del Neolitico per giungere fino all’epoca imperiale romana, in cui la cremazione a Roma era un rito riservato ai benestanti, mentre i meno abbienti venivano inumati e il rito si svolgeva di notte. Oggi, scegliere la cremazione – sebbene sia ancora controversa – è sinonimo di una diversa consapevolezza della morte e di un concreto abbattimento dei costi correlati. Tutte le principali agenzie funebri, come la Cattolica San Lorenzo, contemplano questa alternativa nella loro offerta dei servizi, ma qual è la storia dell’urna cineraria e quanto lontano si perde nella notte dei tempi?

I primi ritrovamenti dei riti di cremazione

L’urna cineraria più antica rinvenuta durante gli scavi archeologici risale a 7000 anni a.C. in Cina. Il rito della cremazione è, in sé, molto più antico, mentre l’abitudine di conservare le ceneri in un’urna sono più “recenti”. In occidente, segni del rito crematorio e del conseguente uso dell’urna per conservare le ceneri risalgono alla fine del Neolitico e su vaste aree geografiche che spaziano dalla Bretagna, al Belgio, fino alla Romania e alla Moravia rivelando che la pratica era molto diffusa al di là dell’etnia e del culto. L’uso dell’urna cineraria si andò affermando durante tutta l’età del Bronzo e del Ferro. Per quanto riguarda l’Italia, i primi ritrovamenti sono concentrati nel Settentrione – come rivela il complesso di Canegrate, una civiltà protostorica localizzata in Lombardia e risalente al XIII sec. a.C. e divulgatasi nel resto del paese tramite la cultura protovillanoviana. Queste due culture introducono in Italia il concetto di cremazione e conseguente conservazione delle ceneri. In questo periodo le urne cinerarie erano di terracotta e intarsiate con motivi geometrici di oscura interpretazione. Da quel momento storico in poi, l’inumazione e la cremazione sono pratiche che convivono all’interno degli stessi nuclei etnici, fino all’antica Grecia e alla civiltà etrusca. In Etruria, le urne cinerarie cominciano ad assumere la particolare forma a capanna, come a voler simboleggiare la casa del defunto. Gli etruschi introdussero i riti della cremazione nella civiltà romana pre-repubblicana, con l’utilizzo di urne a “olla” realizzate in travertino, alabastro, terracotta o marmo, in base anche al ceto sociale. L’avvento del Cristianesimo predilige la tumulazione del corpo e il suo rapido diffondersi comporta la naturale scomparsa della cremazione come pratica funebre che riaffiora solo nel XIX secolo come soluzione al rapido smaltimento dei corpi di persone decedute in guerra o per malattie contagiose.

La cremazione nella Roma imperiale

La cremazione nella Roma antica è principalmente associata al periodo compreso tra l’era repubblicana e quella imperiale. Si trattava di una pratica “costosa” che era riservata ai cittadini abbienti e si svolgeva nel modo seguente:

  • Conclamatio: il parente più prossimo aveva l’onere di chiudere gli occhi al defunto e proclamarne a gran voce il nome;

  • Pompa: si dava inizio al lamento funebre seguito da un corteo fastoso per le vie cittadine. Il corpo del defunto era esposto, mentre i parenti indossavano maschere in cera raffiguranti gli avi.

  • Preficae: si assumevano delle donne esperte in lamentazioni funebri;

  • Laudatio o elogium funebris: il corpo veniva portato al foro, dove il congiunto più prossimo esponeva le lodi del caro estinto. Al termine si poneva un obolo sotto la lingua del defunto, si invocava il suo nome e lo si collocava sulla pira funebre insieme ai suoi oggetti più cari.

  • Urna cineraria: le ceneri, mescolate a vino e miele venivano riposte in un’urna e collocata nella tomba di famiglia;

  • Coena novandialis: per 9 giorni, la casa del defunto era considerata contaminata e per questo si purificava con rami di cipresso e tasso. Al termine dei nove giorni di pulizia e purificazione, i familiari si recavano sulla tomba di famiglia per il lauto banchetto in onore del defunto. 

Per i romani, più importante della modalità di sepoltura era la cerimonia funebre (funus), per rendere i giusti onori e presentare il defunto a Caronte, il traghettatore, infatti se il defunto non veniva notato rimaneva sulle rive dell’Acheronte per 100 anni, senza trovar pace, prima di poter raggiungere l’aldilà.